IL PRIMO SGUARDO
José Antonio PagolaIl primo sguardo di Gesù non si dirige al peccato delle persone, ma alla sofferenza che rovina le loro vite. La prima cosa che tocca il suo cuore non è il peccato, ma il dolore, l’oppressione e l’umiliazione che subiscono uomini e donne. Il nostro peccato più grande consiste nel chiuderci alla sofferenza degli altri per pensare soltanto al nostro benessere.
Gesù si sente «consacrato dallo Spirito» di un Dio che si preoccupa di quelli che soffrono. È questo Spirito che gli fa dedicare la propria vita a liberare, alleviare, sanare, perdonare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Questo programma di Gesù non è stato sempre quello dei cristiani. La teologia cristiana ha sempre centrato la sua attenzione più sul peccato delle creature che sulla loro sofferenza. Il noto teologo Johann Baptist Metz ha ripetutamente denunziato questo grave spostamento: «La dottrina cristiana della salvezza ha drammatizzato il problema del peccato, mentre ha relativizzato il problema della sofferenza». È così. Molte volte la preoccupazione per il dolore umano è stata attenuata dall’attenzione alla redenzione dal peccato.
Noi cristiani non crediamo in un Dio qualunque, ma nel Dio attento alla sofferenza umana. Di fronte alla «mistica degli occhi chiusi», propria della spiritualità orientale, centrata soprattutto sull’attenzione alle cose interiori, il seguace di Gesù si sente chiamato a coltivare una «mistica di occhi aperti» e una spiritualità di responsabilità assoluta verso il dolore di quelli che soffrono.
Il cristiano veramente spirituale –«consacrato dallo Spirito»– lo si trova, come a Gesù, accanto agli indifesi e agli umiliati. Ciò che lo caratterizza non è la comunione intima con l’Essere supremo, ma l’amore a un Dio Padre che lo manda verso gli esseri più poveri e dimenticati. Come ha ricordato il Cardinale Martini in questi tempi di globalizzazione, il cristiano deve globalizzare l’attenzione alla sofferenza dei poveri della terra.
José Antonio Pagola
Traduzione: Mercedes Cerezo
Publicado en www.gruposdejesus.com