Buscador Avanzado

Autor

Tema

Libro de la biblia

* Cita biblica

Idioma

Fecha de Creación (Inicio - Fin)

-

FANATISMO, UMILTÀ E LA FONTE DELLA SICUREZZA

Rate this item
(1 Vote)

Mt 21, 33-43

"Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruí una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo del raccolto dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi piú numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?" Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo." E Gesú disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?
Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.

*****

L'immagine della vigna ha una lunga storia nella tradizione biblica: La vigna è simbolo d'Israele (Os 10,1; Is 5,1-7), figura della sposa che sta per essere sposata da Dio (Ger 2,21; Ct 1,14; 2,15; 6,11; 7,9.13; 8,12).
La parabola che presenta il vangelo di Matteo può essere letta in chiave cristologica e/o in chiave ecclesiologica. Nella prima, Gesú appare come "il figlio", inviato dopo il tragico destino subíto dai profeti precedenti; oppure come la "testata d'angolo", sulla quale si realizzerà la "nuova costruzione". Nella seconda, la comunità di Gesú vede sé stessa come "l'altro popolo" a cui sarà dato il regno affinché lo faccia fruttificare, a differenza dei primi "vignaioli" (il popolo d'Israele), che non lo avevano fatto.

Probabilmente, l'allusione alla "morte dei malvagi" fa riferimento alla distruzione del tempio e di Gerusalemme, perpetrata dagli eserciti di Roma nell'anno 70.
In un certo senso, la parabola fa una lettura della storia dalla prospettiva di quella prima comunità cristiana. Come le singole persone, anche i gruppi leggono la storia da una prospettiva particolare -non può essere diversamente, dato il carattere "situato" al quale non possiamo sfuggire-. Il problema non risiede tanto nel carattere relativo di una tale lettura -il che è inevitabile-, quanto nell'assolutizzazione dello stesso.
Per esempio, la lettura che il popolo giudeo fa di quel periodo storico è radicalmente divergente. Significa questo che è piú sbagliata dell'altra? No; significa soltanto che il punto di vista adottato è un altro.
Solo il riconoscimento umile dei limiti inesorabili della nostra visione particolare ci libererà da qualunque tipo di dogmatismo e fanatismo, rendendo possibile il dialogo rispettoso e arricchente.
Quando questo non si dà, si producono scontri che possono diventare intensi e strazianti: ne è la causa l'ignoranza, che fa sí che confondiamo la verità con la nostra prospettiva particolare.
Per questo, mi piace ricordare le sagge parole del maestro thailandese Ajahn Chah: "Avete un mucchio di punti di vista e di opinioni su ciò che è buono e ciò che è cattivo, il corretto e lo scorretto, su come dovrebbero essere le cose. Vi afferrate ai vostri punti di vista e ne soffrite molto. Ma non sono che punti di vista, sapete?"
Significa questo dunque che non esiste la verità, o che ci sono "molte verità"? No, la Verità esiste ed è una con la Realtà. È per quello che l'apertura, l'umiltà, lo studio e il dialogo ci permettono di crescere in essa. Ma quello che è plurale, inevitabilmente, è il nostro approccio alla stessa.
Perché facciamo tanta fatica ad apprendere a convivere nel rispetto della differenza? Sembra essere che, frutto della nostra storia come specie, siamo cresciuti convinti che la verità appartiene al proprio gruppo (etnocentrismo) e che questa certezza è fonte di sicurezza inequivocabile.
Riconoscere che non è cosí implica la discesa dal piedistallo su cui eravamo saliti e, soprattutto, la constatazione del fatto che la nostra sicurezza non poggia su quella credenza, bensí su un'altra realtà che dovremo scoprire.
La sicurezza, certamente, non può affermarsi su una credenza, per quanto importante questa ci appaia: poiché ogni credenza non è che un oggetto mentale, quindi variabile. La sicurezza si sostiene unicamente sulla realtà di ciò che è. Allorché scopriamo che la nostra identità non è l'io, ma il Fondo ultimo del reale, ci riconosciamo in casa, in sicurezza e in fiducia. Ma finché non lo sperimenteremo, vagheremo cercando inutilmente delle sicurezze che ci sostengano.

 

Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini
www.enriquemartinezlozano.com

Read 4976 times
Login to post comments